AZIONE SOLSTIZIALE
Voglio iniziare presentando una personalissima osservazione maturata a seguito di, a loro modo, istruttivi dibattiti sulla Rete, i quali premetto non ho intenzione di alimentare: ho notato che ogni volta si avvicinano al Solstizio, le menti di interessati e delatori partoriscono, con finalità più settarie che spirituali, una quantità di opinioni accostabili sui generis ad una disputa religiosa da cui si vorrebbe designare un vincitore ed uno sconfitto, e perché no aggiungo io, di pari passo non rispolverare l’antica contesa, non solo astronomica ma soprattutto metafisica, tra la teoria copernicana, eliocentrica, ed il sistema aristotelico, antropocentrico ?! La polemica è tipicamente invernale – minore appeal riscuote d’estate, probabilmente a causa delle minigonne che sanno mettere tutti d’accordo – poiché il Solstizio manifesto in dicembre casca non a caso in prossimità della Natività Cristiana, anzi no, succede l’esatto contrario … Scusate, vado contro tendenza, secondo la mia visione non è questo il “nocciolo” della faccenda.Preferisco non dilungarmi in squisite ed affascinanti argomentazioni sui Saturnali ed il simbolismo solare del Logos Gesù; per chi volesse approfondire tali – uguali – richiami alla Tradizione consiglio senza alcun guadagno le valide letture edite da Victrix ed Antroposofica. Tornando a ciò che ritengo in questo momento impellente affrontare, nelle succitate discussioni più o meno accese si agitano sempre inutili faziosità che hanno l’unico prestigio di ridurre una festa sacra, da qualsiasi parte la si guardi, a paradigma talkshowesco/calcistico. Entrambi i contendenti commettano il fatale errore di evocare involontariamente la “religione becero – idealista” studiata ad hoc per i goym inconcludenti, dediti più all’uso lapalissiano della chiassosa dialettica piuttosto della taciturna azione.
Mi coinvolge maggiormente parlare della esperienza provata tra i Monti Sibillini con Fabio e Mario, già insieme sul Gran Sasso, riuniti di proposito all’avvicinarsi della notte più lunga, culto per noi da vivere nella sua accezione Reale ovvero tra le venerate Vette, lontani anni luce dagli auguri di Buon Solstizio/Natale [sic!] apparsi su Facebook e simili.Ultimati i doverosi rifornimenti di legna e provviste partiamo direzione Norcia dove sostiamo per un ottimo pranzo, è quindi la volta di Castelluccio (m. 1452): da qui in poi proseguiamo a piedi, “sacco in spalla” e legna – 30 kg abbondanti – trascinata dentro uno zaino predisposto. Come da prassi verso le 16:00 il buio prende il sopravvento, perciò tiriamo fuori le nostre di lì in avanti inseparabili frontali e ci accingiamo a sostenere i 4 km di cammino fino alla Capanna Ghezzi (m. 1570); l’abbondante neve fresca, tra i 30 ed i 70 cm, sarà croce e delizia per le successive tre ore di faticosa e lenta marcia. Giunti allo stremo delle forze, nel piccolo ma accogliente rifugio in muratura situato sui “Colli Alti e Bassi” ai piedi del Monte Argentella veniamo rinfrancati dal fuoco acceso immediatamente per asciugare i vestiti fradici e preparare la cena. Tra risate e confronti aperti sulle tematiche a noi più care, la serata volge al termine davanti al camino con vino e grappa a suggellare il tutto. Disfiamo i nostri sacchi a pelo e senza cambiarci andiamo a dormire, non prima di essersi imbacuccati sotto spesse coperte di lana; intorno a noi la temperatura è ben al di sotto i -10° e si sà, i rifugi di montagna non sono rinomati per la coibentazione termica delle loro pareti! La mattina seguente, all’interno di una cornice fantastica, il tiepido sole ci mostra lo spettacolo celato al nostro arrivo: il candore delle bianche colline, gli sprazzi grigio rossastri degli sparuti boschi, il silenzio della valle, impenetrabile quanto esaustivo; singolare se pensiamo che in quel medesimo frangente, a pochi km di distanza, uomini comuni stanno arrovellandosi le meningi alla ricerca dell’ennesimo regalo “originale” dentro un rumoroso centro acquisti, reso ancora più caotico dalla nevicata che noi invece consideriamo celebrazione di quiete; ancora più meraviglioso è constatare quanto il paesaggio circostante riequilibra le nostre energie donandoci, nella “pace”, ciò che avrebbe reclamato appena qualche ora dopo, nella “guerra”, la bufera di neve che stava per incombere. Il tempo di digerire un pranzo tipicamente montanaro e valutare insufficiente la quantità di legna rimasta che alle 17:00 in punto siamo pronti per tornare indietro a Castelluccio, costretti dalla nota mutevolezza meteorologica già conosciuta in agosto sulla Vetta Orientale del Gran Sasso. Come detto, incappiamo in una bufera gelida e disorientante: né percorso né sagoma di arbusto o dislivello ad aiutarci nel tragitto inverso; i fiocchi di neve quando non accecano nel turbinio del vento, lo fanno indirettamente riflettendo la luce delle torce come tanti piccoli diamanti luccicanti. Il paesaggio diventa indistinguibile, la linea d’orizzonte pure, finiamo addirittura per dichiararci smarriti, salvo poi ricevere un inequivocabile segno dagli Dei – una simbolica fonte resa visibile tra i cumuli di neve – che ci reindirizza sulla retta via.
Posso dichiarare senza mezzi termini: la richiesta di un tributo ovvero la suddetta prova di serenità, purezza, forza di volontà, dedizione al sacrificio e cameratismo, al fine di ottenere conoscenza di sé, dimostra l’azione quale causa del sapere acquisito, verum scire est scire per causas. Solo grazie alla manifestazione nello Spirito delle suddette virtù virili siamo usciti realizzati dall’indagine interiore nel Reale. Questo è stato il nostro rito di fedeltà, non fossile ma attivo, sancito nella notte più buia e nuovo inizio del Sole Invitto.
Tom - Firenze
Associazione Culturale Tyr Perugia
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