lunedì 25 agosto 2008

Tra le corde e il tappeto.

Forse stavolta i prepotenti di sempre hanno fatto male i conti. I colpi d'incontro dalla Russia si sprecano.


L'offensiva diplomatica, terroristica e militare scatenata dagli Usa e Israele, tramite il valvassino georgiano, contro la Russia, rischia di ritorcersi in modo davvero pesante sui guerrafondai. Dapprima i russi hanno spazzato via gli aggressori e sono penetrati con estrema facilità fino alla periferia della loro capitale, poi la UE, malgrado le frasi di circostanza, ha dato sostanzialmente ragione a Mosca. Washington, apparsa meno prudente di Tel Aviv, ha allora provato a spezzare il fronte europeo, e soprattutto ad aizzare la Nato contro la Russia.


Scudo antimissile in Polonia e inserimento della Georgia nella Nato (contro le solenni promesse fatte in merito al Cremlino da Bush e Clinton) sono le risposte alla risposta russa all'aggressione subita. Non è un mistero per nessuno che gli Usa, in enorme difficoltà sullo scacchiere mondiale e preda di una crisi finanziaria senza precedenti, accarezzino l'ipotesi di una guerra generalizzata e gettino benzina sul fuoco che essi stessi hanno acceso e che alimentano con particolare applicazione da nove anni in qua. Eppure le ulteriori risposte alle loro manovre bellicose rischiano di non essere proprio quelle che Casa Bianca e Pentagono si attendevano. Al loro proclama “congeleremo i rapporti con la Russia”, il ministro degli Esteri moscovita, Serghei Lavrov, ha ricordato che “è la Nato ad aver più bisogno della Russia che non il contrario. Specialmente in Afghanistan dove si gioca il futuro dell'Alleanza”. Ovvero, se gli Usa non faranno marcia indietro, il territorio russo non sarà più utilizzabile per i rifornimenti della forza multinazionale che veglia sulla lottizzazione tra le potenze industriali delle coltivazioni d'oppio e delle rotte delle pipelines, lottizzazione che ha un'importanza cruciale nel dominio mondiale. A questo primo diretto in faccia, che i russi avvertono che potranno tirare a chi li sta provocando con ostinazione e sfrontatezza, si aggiunge una minaccia almeno da knock down se non proprio da ko. Il 28 agosto, ovvero all'indomani della probabile ufficializzazione del'indipendenza di Abkazia e Ossezia del sud, è previsto un vertice dell'Organizzazione di cooperazione di Shanghai (Sco) cui partecipano oltre a Russia e Cina le repubbliche centroasiatiche che fanno parte della zona cruciale per il dominio planetario secondo Brzezinski (ideologo della Trilateral, massimo esponente attuale della dottrina estera americana, consigliere, oggi, di Obama). La Russia è riuscita in questi anni a far sì che la penetrazione americana nell'area sia stata contrata e progressivamente rintuzzata. Dopo la cacciata degli americani dall'Uzbekistan questi ultimi conservano la base Nato in Kyrghizistan, una base dal valore strategico incommensurabile. Mosca lascia trapelare che la Sco potrebbe spingere per la sua chiusura; un eventualità che definire disastrosa per Washington sarebbe molto più che un eufemismo. E c'è di più. L'intero programma satellitare americano è a rischio. La Nasa ha programmato di rimuovere la flotta Shuttle e di sostituirla con le nuove navicelle Orione; ma serve un interregno di almeno un quinquennio, periodo durante il quale dovrebbe utilizzare, da accordo con Mosca, le Soyuz russe. Il “congelamento” renderebbe questa strada impraticabile. E solo il ricorso ai satelliti cinesi potrebbe, forse, togliere gli americani d'impaccio: ma, interessi economici a parte, non è affatto certo che Pechino sia disponibile per questa soluzione. Inoltre Mosca ha fatto sapere che è disposta a dotare la Siria di SS 20. Questo preoccupa Israele che già parla di una missione diplomatica distensiva al Cremlino. Morale della favola: nulla ancora è deciso, i giochi non sono certo fatti ma stavolta potrebbe finire proprio come la favola dei pifferai di montagna, che vennero per suonare ma furono suonati.



Di Gabriele Adinolfi, tratto da www.noreporter.org

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