martedì 5 agosto 2008

Se lo abbandoni sei te il bastardo!

Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Leonardo Varasano uscito sul "Giornale dell'Umbria" il 28 Luglio 2008.


La disumanità di chi abbandona gli animali.


Un cagnolino meticcio, solitario e un po’ smarrito - si chiama Rischio e appartiene al figlio di Oliviero Toscani -, campeggia su uno sfondo di catrame, sovrastato da una domanda pertinente ed efficace: “Tu di che razza sei? Umana o disumana?”; poi di seguito un invito accorato (“Lasciami da un parente, lasciami da un amico, lasciami in una pensione, lasciami in un canile, ma non lasciarmi per strada”) e un monito severo (“Pensaci. Abbandonare un animale è un reato penale”). Con questo manifesto, apparso sulla stampa e lungo le principali strade italiane, il ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali cerca di contrastare il randagismo e l’abbandono dei cani.


Un simile appello - inserito in una più vasta campagna realizzata da Governo ed enti locali - è tristemente necessario. Nel nostro Paese, i cani randagi sono circa 600 mila: per un terzo ospitati in canili, spesso stracolmi e a rischio asfissia; per due terzi abbandonati al proprio destino, costretti a vagare alimentando rischi sanitari ed incidenti di vario tipo. “Un amico non si abbandona mai”, ricorda lo “Sportello a 4 zampe” della Provincia di Perugia. Eppure, ogni anno, i cani abbandonati in Italia - e non consola che negli Usa, per via della incipiente crisi economica, la situazione sia peggiore - sono 150 mila: uno ogni tre minuti, 20 ogni ora, 400 ogni giorno. La pratica di questo gesto ignobile si concentra, com’è noto, in estate. Il richiamo delle vacanze gioca brutti scherzi, causa smemoratezza ed ingratitudine. Auspicando la creazione, a Roma, di un cimitero per animali, Lino Banfi ha proposto che all’ingresso della struttura venga affisso un significativo quesito: “Vi abbiamo amato quanto voi avete amato noi?”. La domanda è appropriata. Vittima di un egoismo cieco, chi abbandona un cane (o un altro animale), oltre a compiere un gesto irresponsabile, dimentica l’affetto e i benefici incondizionatamente ricevuti. I nostri piccoli amici ci sostengono, ci accompagnano, ci sopportano anche quando siamo insopportabili e nessuno vorrebbe starci vicino; annusano il nostro umore, fiutano la nostra gioia e il nostro sconforto, ci ascoltano anche quando vorrebbero farne a meno, ci parlano con gli occhi; alleviano il nostro dolore, stimolano il nostro fisico (si pensi alla pet-therapy, l’attività del “terapeuta animale” nei confronti del “paziente uomo”); ridimensionano le tensioni casalinghe, smussano le liti. 


I cani - da noi, secondo l’Eurispes, ce ne sono circa 7 milioni, 500 mila in meno rispetto ai gatti - non sono giocattoli con cui trastullarsi ad orologeria per poi disfarsene a piacimento. Senza degenerare in esagerazioni maniacali - spesso figlie di un’inconsapevole misantropia -, ogni animale merita rispetto, attenzioni e cure. Un cane ben tenuto diventa facilmente l’alter ego del padrone, fin quasi alla simbiosi. “Era un cucciolo gracile, spaventato e affamato che le prime settimane, ogni volta che gli mettevo davanti la pappa, se la faceva addosso per l’emozione. Ora è un lupo nero dolcissimo, diventato il vero padrone della nostra casa”: così, con trasporto, Pietro Calabrese ha parlato di Pippo, il suo “meraviglioso bastardone”, sulle colonne di Magazine. Franco Zeffirelli, come ha raccontato al Corriere della Sera, ha invece sei cagnoline, tre delle quali raccolte in Romania, dove pare ci sia un eccidio di animali domestici.


Piaccia o meno, quello che è per antonomasia il migliore amico dell’uomo ha anche un ruolo sociale. Attorno a “fido” si dibatte (è recente la proposta di incentivi fiscali per mandare i cani in pensione quando si va in vacanza, mentre è annosa la disputa sull’accesso degli animali ai luoghi pubblici) e si legifera. Il legame con il proprio cane resiste perfino alle burrasche matrimoniali, tanto che per “fido” si lotta anche davanti al giudice: ha fatto scalpore il caso della coppia in crisi che ha ottenuto dal Tribunale di Cremona l’affido congiunto - attraverso una scrittura privata - di un boxer e di un meticcio aspramente contesi.


Il poeta Nazim Hikmet ricorda Satana, il suo fedele cane, così: “Era come l’uomo/molti animali son come l’uomo/perché hanno la bontà dell’uomo/inchinava il suo collo forte davanti all’amicizia/la sua libertà era racchiusa/nelle zanne e nelle zampe/e la sua cortesia/nella grande coda pelosa/Ogni tanto avevamo voglia di vederci/mi parlava dei grandi problemi/della fame della sazietà dell’amore”. Sia chiaro, anche se certi comportamenti di bipedi insensati tendono a farcelo dimenticare: “come” non significa “uguale”. All’animale-uomo, pur con le sue miserie, spetta - forse - la priorità.

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