Sgradevole conseguenza dell’avventurismo di Sion in Georgia: materiale segretissimo dell’IDF (il glorioso Tshal) è caduto in mani «straniere». Lo rivela Haaretz; ha intervistato un soldato di un gruppo di elite sionista, andato a fare il mercenario in Georgia per una ditta privata, «Defensive Shield», allestita dall’ex generale di brigata Gal Hirsh - israeliano ovviamente - per «aiutare» i georgiani. Il milite del commando - soprannominato «Tomer» - è tornato molto preoccupato.
«Appena arrivato nella sala operativa», racconta Tomer, «ho visto un manuale di istruzioni di sicurezza dell’IDF che non avrebbe dovuto essere lì. C’erano anche CD del nostro esercito con la scritta ‘Confidential’, che documentavano le attività della nostra armata, gli organigrammi delle nostre unità speciali, e le generalità degli ufficiali».
La sala operativa non era sorvegliata, rendendo queste informazioni alla portata di chiunque. Di fatto, ai georgiani sono state regalate informazioni top secret che ora, probabilmente sono nelle mani dei russi. Ciò, secondo «Tomer», è dovuto alla mentalità da mercenari assunta dagli istruttori militari israeliani.
«Le ditte responsabili dell’addestramento avevano fretta di finire il contratto, onde cominciarne un altro e fare altri soldi». Inoltre, «si sapeva che il lavoro di addestramento doveva essere finito in fretta perchè i soldati (georgiani) dovevano essere presto impiegati nelle azioni reali». Una conferma aggiuntiva, se ce n’era bisogno, che era la Georgia a prepararsi all’attacco di sorpresa.
Tomer aggiunge: gli ufficiali georgiani dicevano ai loro soldati che l’addestramento serviva ad «aiutare la NATO in Iraq» (sic), mentre «l’obbiettivo reale erano l’Abkhazia e il Sud Ossezia».
Il generale Hirsh, responsabile israeliano dell’addestramento, si è fatto vedere molto poco, rincara Tomer. E secondo lui, i georgiani non sono stati preparati a dovere.
«Secondo gli standard nostri, i soldati avevano capacità qausi-zero e gli ufficiali erano mediocri, era chiaro che gettare questo esercito in un conflitto era assurdo». Molti dei suoi allievi, dice Tomer, sono morti negli scontri coi russi. «E’ dura: molti erano diventati amici, mi avevano invitato a casa loro...».
Il pensiero inespresso è: vuoi vedere che ora Mosca, per ritorsione, passerà le informazioni top secret, i nomi degli ufficiali, gli organigrammi e le metodologie dei corpi speciali ebraici, ad Hezbollah, o agli iraniani?
Ma la vera domanda è piuttosto come mai la Georgia abbia potuto diventare un vero e proprio protettorato israeliano. Non solo due ministri importanti nel govero di Saakashvili, come abbiamo già rivelato, sono israeliani di nascita (David Kezerashvili alla Difesa, Yakobashvili al ministero della Reintegrazione dei territori separatisti); ma, come rivela il Jerusalem Post, persino il primo ministro è un ebreo israeliano.
Si tratta di Vladimir «Lado» Gurgenidze, il quale, capo del governo di una nazione cristiano-ortodossa, alla vigilia dell’attacco «ha chiamato al telefono Israele per chiedere una benedizione speciale al più importante rabbino e leader spirituale della comunità haredi (i fondamentalisti ebraici più feroci), rabbi Aharon Leib Steinman»; così parlò il Jerusalem Post.
Non basta. Decine di generali israeliani, una volta in pensione, hanno fatto della Georgia la loro patria-di-vacanza; decine di migliaia di israeliani sono andati in ferie in Georgia, meta apparentemente privilegiata del turismo ebraico.
Lasha Zhvania, già ambasciatore della Georgia in Israele e poi eletto al parlamento georgiano, va ogni anno in Israele a trovare i parenti sparsi ad Haifa e Nethanya. E’ evidente che i legami d’affetto uniscono i due Paesi al disopra della convenienza politica. Perchè?
Facile, in fondo. La maggior parte degli «ebrei» (gli askhenazi, il 75% della comunità, che domina i sefarditi) vengono da lì; non dalla Palestina, ma dalle sponde del Mar Nero. Sono i discendenti dei khazari, che si convertirono in massa al giudaismo nell’ottavo secolo dopo Cristo. Il nome stesso del ministro della Difesa israeliano-georgiano, Kezerashvili, significa «figlio di khazaro».
Per un secolo e mezzo almeno, un vero impero dei khazari ha controllato le coste del Mar Nero, con centro ad Odessa, arricchendosi coi pedaggi e le esazioni estratte dalle carovane che percorrevano la Via della Seta. Grossi affari, che probabilmente entrano per qualcosa nell’acquisita identità «ebraica» di questi turco-mongoli.
Nel 965 il principe della Rus’, Sviatoslav di Kiev, condusse diverse azioni militari contro questo regno del taglieggio, il che portò al declino e alla scomparsa dell’impero khazaro; da qui, probabilmente, l’odio inestinguibile degli «ebrei» per i russi, che i veri ebrei (i sefarditi) manco potevano conoscere.
Il poeta persiano Khakani (1106-1190), che fu funzionario dell’impero persiano e svolse gran parte della sua carriera nel Caucaso, racconta dei «Devent Khazari», questa popolazione che aveva fatto della città di Darband la via di passaggio obbligata tra il Caucaso e il Mar Nero, una via attraverso cui, nei vecchi tempi, i khazari andavano in Georgia per saccheggiarla, e che alla fine usarono per rifugiarsi in Georgia contro gli imperi che li stringevano da ogni lato: musulmani, bizantini e russi.
Si sa che gli «ebrei» finiscono per affezionarsi ai Paesi che saccheggiano. Forse molti sono tornati nella loro vera patria (casa, dolce casa), e l’hanno armata fino ai denti per prendersi l’antica vendetta che covano contro Mosca.
Si sa che gli «ebrei» - insomma i khazari - non dimenticano mai niente, e non perdonano mai niente.
Di Maurizio Blondet, www.effedieffe.com
Well done Maurizio....
RispondiEliminaun' altra verita' rivelata