martedì 30 agosto 2011

Uscire dall'Euro?


I rimedi ai problemi finanziari proposti dalle parti sociali e dai partiti sono meri palliativi, inutili, perché servono solo a tirare avanti di qualche settimana. La manovra governativa, anche la seconda, è iniqua e recessiva, sbilanciata sul lato delle entrate, e ha mobilitato resistenze insuperabili nel paese. Ora il governo, dopo che l’UE l’ha approvata, se la rimangia e ne fa un’altra, non migliore, ma semplicemente congegnata in modo da evitare che si coalizzi un’efficace resistenza, sia civile, che interna alla partitocrazia, la quale vuole conservare i suoi canali di spesa. La manovra alternativa del PD frutterebbe solo 1/10 dei 40 miliardi da recuperare (Tito Boeri su La Repubblica del 27 Agosto) e dimostra che l’opposizione non vale nulla, non ha capacità, non ha idee, non ha uomini. Il sistema partitico è oramai solo una zavorra senza capacità di soluzioni e senza valore di rappresentanza. Quindi senza legittimazione



Sono decenni che in Italia si fanno sacrifici e manovre di risanamento e di adeguamento ai parametri europei, e siamo messi sempre peggio. Nessuno vuole ammetterlo, ma è palese che non funzionano. Il debito pubblico ha sempre continuato a crescere. Il motore del disastroso processo di indebitamento, su scala mondiale è il monopolio privato e irresponsabile della creazione e distruzione di moneta e credito, in mano a un pugno di banchieri, che controlla le banche centrali, BCE compresa, e ricatta i governi con minacce di declassamento e di non acquisto dei loro titoli del debito pubblico. Essenzialmente, li ricatta a trasferire al settore finanziario crescenti quote di reddito e risparmio dei cittadini e delle imprese.



Recenti dati mostrano che i paesi che hanno dichiarato di non potere o volere pagare il debito pubblico, dopo il default si sono ripresi bene.



Piuttosto che continuare con manovre depressive e socialmente laceranti, che non risolvono niente da decenni, sarebbe preferibile, per l’Italia, il seguente programma:



1-Uscire dall’Euro ritornando alla Lira;



2-Ripudiare il debito pubblico;



3-Nazionalizzare la Banca d’Italia e sottoporla a una commissione parlamentare;



4-Ripristinare i vincoli di portafoglio e di acquisto dei titoli di stato, come prima del divorzio della Banca d’Italia dal Tesoro;



5-Porre un vincolo costituzionale di pareggio di bilancio.



In tal modo, si eviterebbe tagli depressivi e socialmente laceranti, si risparmierebbe il 22% della spesa pubblica, si azzererebbe il debito pubblico, si potrebbe svalutare e così rilanciare le esportazioni, gli investimenti, l’occupazione; non si avrebbe più bisogno di emettere titoli del debito pubblico, salvo il caso di emergenze; anche in tal caso, li comprerebbe la Banca d’Italia.



Ma continuare con gli inasprimenti fiscali, con la tassazione di redditi presunti, con i tagli allo stato sociale, ai diritti dei lavoratori – continuare con l’indebolimento del paese e l’incremento dell’insicurezza e della paura – tutto questo è utile a portare il paese e la gente in condizioni ottimali per il capitale internazionale che aspira a rilevare dall’esterno l’economia e le risorse, compresi i lavoratori, di un paese in ginocchio, pronto a lavorare per bassi salari, senza garanzie e tutele, livellato al basso. Un paese dove la gente e le imprese devono svendere i propri beni per debiti, anche fiscali. A questo pare che mirino le politiche e i ricatti della c.d. Europa – BCE, UE –, del FMI, delle società di rating. Ma non è l’Europa, bensì la maschera della comunità finanziaria sovrannazionale.



Il processo integrativo europeo dell’Europa allargata a 27 membri è finito. La Commissione conta sempre meno. Le decisioni si prendono tra cancellerie di paesi forti, esclusi gli altri. Soprattutto quelle per decidere le mosse della BCE, in modo che salvaguardi innanzitutto la Germania. Questa, assieme ai suoi satelliti e alla sua imitatrice, la Francia, l’ha oramai detto e ripetuto: non accetterà mai di emettere gli eurobond, cioè di mettere in comune il debito pubblico proprio con quello italiano e degli altri paesi eurodeboli. I paesi euroforti non accetteranno mai l’integrazione politica con l’Italia non solo per il suo debito pubblico, ma anche perché la classe politica e dirigente italiana è troppo marcia e incompetente: all’estero hanno visto tutti abbastanza, oramai, dalla mafia, alle storie dei rifiuti di Napoli, al bunga bunga, alla giustizia a livelli di Africa Nera. Forse negli anni ’90 pensavano che l’Italia avrebbe eliminato questa classe dirigente e corretto i propri difetti grazie alla pressione dell’Euro, ma ciò non è avvenuto. All’estero sanno che l’Italia non riesce a riformarsi, a intervenire sui propri vizi strutturali, e che sta declinando da 20 anni incessantemente. Sanno che inevitabilmente uscirà dall’Euro. Sanno che integrarsi politicamente con un paese come l’Italia sarebbe come impiantarsi una grave malattia. Nessun paese o azienda efficiente ha interesse a integrarsi con un paese o un’azienda inefficiente. Ha per contro interesse a sfruttarlo/a assumendone il controllo dall’esterno.



La Germania (seguita da altri paesi forti) è un paese molto più efficiente, corretto e serio dell’Italia. La sua politica è quindi quella di tenere l’Italia sotto la BCE e gli organismi comunitari, che la Germania può dirigere, al fine di neutralizzarla come paese concorrente sui mercati internazionali, e di costringerla, prima che finisca per lasciare l’Euro, a pagare i propri debiti in Euro verso le banche tedesche anche al costo di dissanguarsi.



E questa linea politica si sta confermando e irrigidendo nel progredire della crisi. Giulio Tremonti, il 27 Agosto, parlando ai Ciellini di Rimini, ha non senza ragioni ammonito la Germania ad accettare l’eurobond e a non ostinarsi nella sua politica solipsistica, perché potrebbe finire a suo danno. Ma ostinarsi nelle politiche solipsistiche è ciò che la Germania sta facendo da quando è nata, dal 1871. Non ha mai cambiato linea, nonostante due guerre rovinosamente perse. Il sistema-paese Germania capisce i fatti, non ragioni, moniti e minacce.



Il governo italiano impone al paese sacrifici durissimi e recessivi in nome dell’integrazione europea. Ma l’integrazione europea è finita, per noi. L’Italia non sarà mai integrata. Quindi sarebbe tempo di rovesciare il tavolo, prima che il governo di centro-destra adesso, e un governo di centro-sinistra domani, facciano qualche altra manovra di salasso, per poi annunciare che, inopinatamente, le manovre non sono sufficienti, e che bisogna alzare l’uva, mettere l’imposta patrimoniale, tagliare le pensioni, marchionnizzare tutto il paese immediatamente e senza discutere per pagare gli interessi sui debiti – in ossequio alla curiosa inversione dei ruoli, oramai dilagata in tutto il mondo libero, in virtù della quale lavoratori, imprenditori e consumatori producono la ricchezza che dà valore alla carta prodotta dal settore finanziario, però si ritrovano di esso eternamente debitori, anzi devono sottomettersi alle sue regole e alla sua morale.



Ripudiare il debito pubblico, dunque, e uscire dall’Euro. Immediatamente, finché non siamo ancora dissanguati.



Alle lamentale di chi ha comperato titoli del debito pubblico italiani e farà l’indignato quando l’Italia non li pagherà, si replicherebbe che li ha comperati sapendo che erano a rischio, che per il rischio ha avuto un premio di maggior rendimento, e che in ogni caso poteva venderli nei mesi scorsi, vista l’aria che tirava; quindi se la prenda con se stesso;



A chi (banche, perlopiù) li ha ricevuti in garanzia in epoca non sospetta, per l’apertura di una linea di credito non speculativa, si offrirebbe una garanzia sostitutiva;



A Germania e soci, si replicherebbe che i benefici dall’Euro, e ancor prima dallo SME, e prima ancora dalla politica agricola comune, li hanno avuti proprio loro, e a spese e danno dell’Italia, soprattutto in fatto di competitività, di quote di mercato, di occupazione;



Alla BCE si replicherebbe che il suo comportamento è inaccettabile, in quanto non rende nota la quantità di denaro prodotta e la quantità di crediti erogati;



A Bruxelles si replicherebbe che il SEBC viola l’art. 1 e 11 Cost. L’art. 11, perché questo autorizza limitazioni e non trasferimenti della sovranità; li autorizza per fini di tutela della pace e della giustizia, non finanziari, come fatto per la BCE; li autorizza in favore di altri paesi, non in favore di un organismo sovrannazionale, esente da controllo democratico, come è la BCE; li autorizza a condizioni di parità, mentre la presenza nella BCE delle banche centrali di Regno Unito, Danimarca e Svezia, che non sono soggette a Euro e BCE ma partecipano ai suoi utili e alla sua sovranità monetaria anche sull’Italia, viola tale condizione. Inoltre viola la norma fondamentale, l’art. 1, sia in quanto toglie al popolo la sovranità monetaria ed economica, che è la principale componente della sovranità e del governo; sia in quanto il fine della BCE non è la tutela del lavoro, ma del potere d’acquisto della moneta. L’art. 1 afferma per contro i due principi fondamentali: la sovranità appartiene al popolo, e l’Italia è fondata sul lavoro. Questi principi fondamentali sono limiti assoluti, o controlimiti, a quanto possono disporre trattati internazionali come quello di Maastricht che costituisce il sistema della BCE. Un trattato, quindi, illegittimo ed eversivo dell’ordine costituzionale, come tette le controparti dell’Italia dovevano sapere.



Ma che cosa si potrebbe spiegare a Washington e Londra? Potremmo dire loro che l’Italia ha oramai fatto quanto poteva fare, dall’interno dell’UE e dell’Euro, per ostacolare il costituirsi di una potenza europea concorrente degli USA, con una valuta concorrente al Dollaro. E che ora, per contrastare un’unificazione centro-europea sotto i Tedeschi, è indispensabile che riprenda una certa libertà di manovra.



Di Marco Della Luna,
http://marcodellaluna.info


giovedì 25 agosto 2011

Daniele Scalea: “In Libia la guerra proseguirà ancora a lungo”


Fabio Polese intervista Daniele Scalea



 



(ASI) Agenzia Stampa Italia ha incontrato Daniele Scalea, segretario scientifico dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG), redattore della rivista di studi geopolitici Eurasia, autore de “La Sfida Totale” e co-autore, insieme a Pietro Longo, di “Capire le rivolte arabe”.



 



E’ sempre più difficile ottenere notizie indipendenti su quello che sta succedendo in Libia. I media mainstream rimbalzano la notizia di una Libia liberata dal Rais Muhammar Gheddafi. Cosa sta succedendo e chi c’è dietro questa rivolta?



 



Sta succedendo che, dopo l’assassinio del generale Younes (comandante militare del CNT) da parte degli estremisti islamici, il fronte dei ribelli si è spezzato. La NATO, nel timore che la missione si concludesse con un clamoroso insuccesso, ha preso in mano la situazione e, con l’ausilio di ribelli islamisti in loco ma principalmente servendosi delle sue forze speciali, di mercenari stranieri e d’intensissimi bombardamenti aerei, è riuscita a conquistare Tripoli. I governativi hanno opposto una fiera resistenza, ma ormai appaiono quasi completamente debellati nella capitale. Tuttavia, ritengo che la situazione in Libia sia ben lungi dal potersi considerare stabilizzata. La guerra, a mio giudizio, proseguirà ancora a lungo, sebbene i media occidentali la proporranno da oggi in poi come “lotta al terrorismo” o qualcosa di simile. Il punto è che i vertici del Governo libico sono stati scacciati da Tripoli, ma non eliminati. Ed allo stato attuale possono contare ancora sul controllo di molte città e l’appoggio della maggior parte delle tribù. Certo possibili mediazioni e corruzioni potrebbero far deporre le armi ai lealisti, ma bisogna rendersi conto che, dopo Gheddafi, il quadro libico risulterà ancor più frastagliato e confuso. Lui è l’elemento di stabilità nel paese, ed il CNT è ancora un’entità poco rappresentativa e che riunisce componenti molto, troppo eterogenee al suo interno (dagli ex affiliati a Al Qaeda ai liberali espatriati negli USA). Inoltre, il ruolo decisivo delle truppe straniere nella vittoria della battaglia di Tripoli (ed eventualmente della guerra civile) non farà che ridurne il prestigio presso la popolazione ed i capitribù. La caduta di Tripoli, in realtà, aumenta il rischio di fare della Libia una nuova Somalia. La soluzione negoziale che sembrava stesse uscendo dagl’incontri di Djerba avrebbe garantito un futuro migliore tanto al paese quanto alla regione mediterranea. Ma, evidentemente, non è questo l’obiettivo dell’alleanza atlantica.



 



Ieri per la prima volta fonti della difesa britannica hanno confermato che uomini dei S.A.S. – i corpi d’elite britannici – sono da settimane in Libia dove hanno avuto un ruolo chiave nella presa di Tripoli. Cosa potrebbe succedere nel “dopo regime”? Verrà inviata una missione di peacekeeping internazionale o il mantenimento della sicurezza verrà affidato al Consiglio di Transizione Nazionale libico?



 



Le truppe straniere – atlantiche e delle monarchie arabe – sono già nel paese, e dunque non se ne andranno. Il CNT, per quanto visto finora, non è in grado di assumersi l’onere di stabilizzare il paese. Credo che l’invasione di Tripoli abbia segnato una svolta nella guerra di Libia: la sua trasformazione in una vera e propria invasione ed occupazione straniera del paese. Anche se, ovviamente, le parti in causa eviteranno di chiamarla per il suo vero nome. Minimizzeranno il ruolo dei soldati stranieri nel conflitto, e non parleranno più di guerra, ma di lotta del nuovo governo (plausibilmente un governo fantoccio degli occupanti) contro i resti del passato regime per pacificare il paese.



 



Il portavoce del ministero degli esteri cinese ha dichiarato: “Sappiamo dei recenti cambiamenti nella situazione libica e chiediamo il rispetto della scelta del popolo della Libia. La Cina è pronta a cooperare con la comunità internazionale per giocare un ruolo attivo nella ricostruzione della Libia”. Che ruolo potrebbe avere la Cina – sempre attenta alle vicende globali – nel post Gheddafi?



La Cina si comporta sempre allo stesso modo: non rifiuta il dialogo con nessuno, non ingerisce negli affari interni di nessuno. A Pechino sarebbe stata bene la permanenza al potere di Gheddafi; ora sta bene l’insediarsi del CNT. Il suo unico interesse è tornare a commerciare al più presto con la Libia, convinta che l’amicizia del paese nordafricano s’otterrà coi rapporti economici e finanziari.



 



Fra pochi giorni ricorre l’anniversario della firma del trattato di amicizia Italia-Libia. Il trattato è stato sospeso unilateralmente e l’Italia ha preso parte all’attacco militare della NATO. Quali effetti economici e strategici ha portato e porterà per l’Italia questo cambiamento?



 



In questo momento il ministro Frattini, tra i principali artefici dell’intervento italiano contro la Libia, sta godendosi il suo momento di gloria: alla fine la fazione scelta pare abbia vinto la guerra, e promette di non rivedere in negativo i rapporti con l’Italia. Il fatto che tali risultati si siano ottenuti con un plateale ed indecoroso voltafaccia e tradimento, basterebbe già da solo ad invitare a non fregarsi troppo le mani. Ma il gongolare è ancor più ingiustificato perché, purtroppo per Frattini e per l’Italia, difficilmente i suoi sogni si realizzeranno. La Libia rimarrà a lungo instabile, in preda a scontri intestini. Il flusso di petrolio e gas riprenderà ma in maniera meno regolare che in passato. E gli architetti della guerra e del cambio di regime – Gran Bretagna, Francia e USA – non lasceranno certo che l’Italia continui a godersi la fetta più grossa della torta libica.



Contemporaneamente a quello che sta accadendo in Libia si è parlato spesso della situazione in Siria. Nei telegiornali scorrono esclusivamente le immagini di quella che, dagli occidentali, è stata chiamata “rivoluzione siriana”. Secondo lei, è vicina una risoluzione ONU contro il governo di Bashar al-Assad? E come potrebbe reagire la Russia che ha l’unica base militare nel Mediterraneo proprio in Siria?



 



Questa è una previsione molto più difficile da fare, poiché vi sono segnali contrastanti. Da un lato, il successo finale (o percepito tale) dell’attacco alla Libia potrebbe suggerire alla NATO di ripetere l’esperimento in Siria. D’altro canto, la Libia potrebbe trasformarsi in un grattacapo ancora maggiore, e di lunga durata, se come ho ipotizzato le truppe straniere dovessero stabilirvisi per pacificarla (ecco perché il ministro La Russa ha auspicato lo stanziamento di soldati africani e arabi, anziché europei e nordamericani). Inoltre, in Siria sembra apparentemente passato il momento peggiore per il governo: ha concesso riforme importanti, gode dell’appoggio della maggioranza della popolazione (perché anche il grosso dell’opposizione è ostile alla lotta armata ed all’intervento straniero), è riuscita a reprimere le insurrezioni armate, per quanto permangano ancora focolai di violenza, spesso alimentati da oltreconfine. Le monarchie autocratiche del Golfo faranno pressione per un intervento della NATO in Siria, perché sperano di instaurare – come in Libia – una nuova monarchia islamista, e di sottrarre un alleato all’Iran. La Russia, a rigor di logica, dovrebbe opporsi ad un nuovo tentativo d’erodere la sua influenza nel mondo, ma l’atteggiamento arrendevole l’ha già portata a piegarsi più volte, soprattutto quando la posta in palio si trovava al di fuori dello spazio post-sovietico.



 



http://www.agenziastampaitalia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4670:daniele-scalea-in-libia-la-guerra-proseguira-ancora-a-lungo&catid=19:interviste&Itemid=46


venerdì 5 agosto 2011

Stanno uccidendo Brendan Lillis.


L’immobilità è il peggior crimine. Lasciar morire, volontariamente, un uomo è un crimine contro l’umanità. Dovrebbero essere perseguiti e condannati dal tribunale dell’Aja il signor David Ford e tutti coloro che, potendo intervenire, si rifiutano di fare qualcosa per salvare la vita di Brendan Lillis. Dopo il secondo rifiuto del ministro della Giustizia nordirlandese Ford di concedere a Brendan un ricovero in un ospedale adatto alla sua grave condizione, il gruppo che da settimane si sta mobilitando con la sua compagna Roisin Linch per la sua liberazione, “Friends of Brendan Lillis”, ha chiesto le dimissioni immediate del ministro e ha sollecitato il Sinn Fein e il Sdlp ad associarsi alla richiesta. Ieri mattina Roisin ha avuto un nuovo esempio dell’inciviltà degli amministratori britannici delle Sei Contee: è intervenuta a una trasmissione della Bbc molto seguita in Gran Bretagna e Nordirlanda per raccontare la vicenda di Brendan, e quando il conduttore Stephen Nolan ha chiesto direttamente al ministro David Ford, anch’egli intervenuto, a quando risalisse l’ultima volta che aveva preso visione un documento sulle condizioni sanitarie di Brendan, la risposta è stata “nel marzo 2011”. Un chiarimento arricchito, senza vergogna, dall’informazione che una nuova relazione giace sulla sua scrivania da venerdì scorso, ma non ha avuto il tempo di leggerla. Ciò nonostante Ford si è detto “informatissimo” sull’evoluzione della vicenda. Così informato che nemmeno prende in considerazione la relazione medica stilata dal medico che martedì scorso ha potuto visitare Brendan in carcere assieme a Roisin e alla giornalista dell’Irish News Allison Morris. Il dottor Sean O’Domhnail, dell’Irish United Nations Association (IUNA), ha confermato che Brendan giace nel letto, girato su un fianco, senza possibilità di riabilitazione. Il trattamento a lui riservato in prigione è amministrato da un servizio con possibilità limitate di provvedere alle sue necessità, la sua capacità di mangiare e bere è ridotta al minimo. Nel suo rapporto il medico scrive: “Le condizioni del signor Lillis destano una serissima preoccupazione. Credo che morirà nella prigione di Maghaberry in quanto soffre di una avanzata forma di una condizione che richiede attenzioni specialistiche per un periodo prolungato. L’uomo, che era alto sei piedi (più di un metro e ottanta, ndr), pesa ora meno di 6 stones (circa 37 chili, ndr) e si trova in uno stato di confusione e incoscienza. Le sue abilità cognitive sono, di conseguenza, severamente compromesse. Le cure a lui riservate contribuiscono alla sua confusione mentale. È chiaro che non rappresenta un rischio per gli altri, visto che è lui stesso a rischiare la morte imminente nel suo luogo di detenzione”. E ancora: “Sono cosciente del fatto che siano state presentate numerose relazioni mediche al Parole Board, ma l’idea che un uomo che non può sollevare le proprie mani per pulirsi gli occhi costituisca una minaccia per la società è ridicola. È confinato a letto, con dolori costanti, severamente letargico ma incapace di dormire. In più, il suo peso è ovviamente seriamente diminuito così come indicato dalla perdita di massa muscolare negli arti inferiori. Un immediato trattamento in un centro di cura è essenziale per stabilizzare e migliorale la condizione di quest’uomo. Altrimenti l’unica certezza è che la sua condizione si deteriorerà ulteriormente e che soccomberà a una delle infezioni, come quella che ha attualmente, e morirà. C’è poco altro da dire, se non che il rischio di morte è imminente, in corso e imprevedibile”. Il dottor O’Domhnail fa anche notare che il rapporto del medico del carcere, dottor Palmer, “la scorsa settimana, indicava che il signor Lillis non pone il rischio di danneggiare gli altri in virtù della sua severa disabilità”. L’Irish United Nations Association commenta la relazione del dottor O’Domhnail affermando di non poter comprendere le preoccupazioni espresse dal Parole Board e da David Ford riguardo al rilascio di Brendan, visto che il ministro della Giustizia ha il pieno potere di arrestarlo nuovamente nell’improbabile caso che il suo ricovero rappresenti una minaccia per la comunità. Alla trasmissione radiofonica della Bbc era invitato anche Gregory Campbell, un esponente del Dup, il partito unionista. Roisin gli ha suggerito di recarsi in carcere per sincerarsi delle condizioni del suo compagno dopo che Campbell si era chiesto per quale ragione Brendan non venga portato in tribunale in barella. La risposta è stata che lui preferisce avere contatti con “le vittime dei suoi crimini”. È chiaro il riferimento all’attività di Brendan nei Provisional Ira, risalente agli anni ‘70, militanza per la quale ha pagato con 16 anni di carcere a Long Kesh: Brendan fu condannato per detenzione di esplosivo e non per reati di sangue, non ci sono vittime a suo carico. Ma questo, per gli unionisti, per Ford, non conta. L’importante è vendicarsi.



Di Alessia Lai, www.rinascita.eu


mercoledì 3 agosto 2011

La disinformazione non va in ferie.


Mentre i parlamentari si apprestano ad andare in vacanza per cinque settimane, essendo fra i pochi italiani a potersi permettere di farlo, dopo avere messo in "mutande" buona parte degli altri, penne in affitto e mezzibusti telecomandati continuano indefessi nella loro opera di disinformazione che non conosce pause.


Ieri è balzata per forza di cose agli onori della cronaca, la notizia concernente il fallimento della ditta Italcoge, impegnata in queste settimane nella costruzione del cantiere per il tunnel geognostico del TAV a Chiomonte e con alle spalle una storia non proprio adamantina, vissuta fra appalti pilotati e guai fiscali, in occupazioni di varia natura, comprendenti anche la costruzione della Salerno – Reggio Calabria. Fallimento determinato dall'insolvenza della stessa nei confronti di alcuni creditori.


Il TG3 regionale nel presentare la notizia ha dato largo spazio all'avv. Francesco Torre, legale della società, che arrampicandosi sugli specchi ha pubblicamente accusato il movimento NO TAV di avere provocato il fallimento Italcoge, attraverso una qualche oscura trama. Senza sentirsi in dovere, come sarebbe compito di un giornalista, di aggiungere le reali motivazioni del crac societario e di fatto avallando una tesi tanto pittoresca quanto visionaria.


 


In un articolo che tratta il medesimo argomento, Diego Longhin, Su Repubblica, scrive testualmente "Si tratta dell'azienda a cui poco più di una settimana fa sono stati bruciati dei mezzi da chi si oppone alla realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione: un gesto intimidatorio."


Mentendo spudoratamente, dal momento che nel corso delle indagini sull'accaduto non sono ad oggi emersi indizi che possano avvalorare una tesi di questo genere, mentre al contrario anche gli stessi investigatori sembrano propensi a seguire piste differenti legate alla gestione degli appalti.


 


Questa mattina, in quel di Avigliana, una cinquantina di NO TAV, hanno manifestato con tanto di pentole e coperchi, nell'area prospicente all'Hotel Ninfa, dove alloggiano una certa quantità delle forze dell'ordine che presidiano la Maddalena. Con il chiaro intento di turbare il sonno dei celerini, così come i tifosi fanno sistematicamente con i giocatori della squadra avversaria. Una manifestazione pacifica che non avrebbe avuto alcuna conseguenza, se la polizia, ormai propensa a mettere in atto in Val di Susa ogni sorta di provocazione ed intimidazione, non avesse prima multato alcuni manifestanti che tornavano all'auto, con pretesti di ogni genere, e poi arrestato 16 manifestanti, che sono stati portati in questura senza motivazioni valide e lì ancora si trovano, in attesa che venga "inventato" contro di loro un qualche capo d'imputazione.




Anche in questo caso pennivendoli e velinari vari hanno mentito spudoratamente, raccontando che i manifestanti sarebero entrati all'interno dell'albergo, intimidendo i lavoratori, mentre al contrario nessuno si è introdotto all'interno della struttura e la manifestazione si è svolta interamente davanti all'albergo alla luce del sole.


 


Andate in ferie anche voi cinque settimane, penne a noleggio e cantori dei telebugia, con le prebende ricevute ogni volta che fate una marchetta, tutto sommato potreste anche permettervelo e se non lo volete fare per la tintarella, fatelo almeno per amore dell'informazione che ogni giorno uccidete senza pietà.



Di Marco Cedolin, http://ilcorrosivo.blogspot.com/2011/08/la-disinformazione-non-va-in-ferie.html

Strage di Bologna. Sui muri appaiono manifesti che chiedono verità e giustizia.


(ASI) Nella notte tra 1 e 2 agosto, in occasione del 31nesimo anniversario della strage di Bologna, nella quale persero la vita 85 persone e ne rimasero ferite circa 200, sono apparsi sui muri di alcune città italiane manifesti a firma "L'ora della verità" che chiedono verità e giustizia.



Il testo del manifesto recita "Bologna, 2 agosto 1980", e poi "85 vittime senza giustizia" e "colpevoli di comodo". Nella parte bassa, sotto una delle famose quanto tristi immagini dei primi soccorsi impegnati tra le macerie della stazione appena deflagrata, appare una frase mutuata da una canzone di Antonello Venditti: "In questo mondo c'è ancora un gruppo di amici che non si arrendono mai!".



Le condanne nei confronti di presunti esecutori sono state confermate nel 2007, eventuali mandanti della strage non sono stati tuttavia mai scoperti. Soprattutto negli ultimi anni, date le diverse zone d'ombra e i depistaggi che hanno accompagnato quasi trent'anni di processi, molte associazioni - riunitesi nel comitato "L'ora della verità" - si sono impegnate per sensibilizzare l'opinione pubblica e chiedere alle istituzioni di far veramente luce sulla vicenda.




http://www.agenziastampaitalia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4501:strage-di-bologna-sui-muri-appaiono-manifesti-che-chiedono-verita-e-giustizia&catid=4:politica-nazionale&Itemid=34


martedì 2 agosto 2011

I NERI E I ROSSI



  Anno: 2011



Casa editrice: Mursia



«La Storia, e proprio nei suoi periodi critici, sta a dimostrare che a risolvere i problemi non sono mai mancate le “idee” ma troppo spesso gli “uomini”.» (Corrado Bonfantini, Premessa per la ripresa del movimento marxista, Novara, marzo 1942)



«Poiché la successione è aperta in conseguenza dell’invasione angloamericana Mussolini desidera consegnare la Repubblica sociale ai repubblicani e non ai monarchici; la socializzazione e tutto il resto ai socialisti e non ai borghesi.»



Questa la proposta che il Duce, il 22 aprile 1945, compiendo la sua ultima manovra politica, consegna al giornalista antifascista Carlo Silvestri, convocato in prefettura a Milano, perché la recapiti all’esecutivo del PSIUP. È l’invito del dittatore al Partito socialista, con l’accordo del Partito d’azione e il tacito consenso del PCI, a prendere in consegna la città di Milano e a mantenere l’ordine pubblico, per cui mette addirittura a disposizione reparti della RSI. Deve essere questo lo sbocco dell’operazione «ponte» che Mussolini ha messo in atto da alcuni mesi con la collaborazione di Silvestri, di Edmondo Cione e in cui coinvolge il comandante  delle formazioni partigiane socialiste «Matteotti» Corrado Bonfantini. Ma l’intransigenza di Lelio Basso e, soprattutto, di Sandro Pertini fanno fallire questo progetto cui molti, da entrambe le parti, hanno guardato con opportunismo ma anche con sincera buona fede.



Altre info su:
http://www.stefanofabei.it/?p=47 


 

Vittime senza giustizia. Colpevoli di comodo.



lunedì 1 agosto 2011

CONTRO IL MONDIALISMO MODERNO...DIFFONDI VIRUS VERITA'!


 









Perché “contro il mondialismo moderno”?

 

Il mondialismo moderno è la fase estrema dell’imperialismo capitalista americanocentrico nella sua manifestazione più degenerativa, antitradizionale, conservatrice e sovversiva al tempo stesso. Gli Imperi tradizionali d’Europa, nonostante avessero mitridatizzato il veleno di una religione aliena allo spirito indoeuropeo in forme politico-sociali d’impostazione tradizionale, si trasformarono alla fine del loro ciclo vitale in imperialismi e nazionalismi coloniali, invadendo ed infettando il mondo. Ancora una volta la legge del contrappasso ha voluto che l’Europa sia stata vinta e sottomessa da un frutto venefico del suo seno: l’America ha affrontato e vinto l’Europa, l’ha privata del suo potere e delle sue colonie, sostituendovi un neo-imperialismo politico, economico, mediatico. “Carlo Terracciano”

 

Perché la “maschera anti-gas”?

 

Per difendersi – appunto - dal veleno politico, economico e mediatico e per essere pronti alla rivolta.

 

Perché “diffondi virus verità”?

 

Viviamo in un mondo dove vengono plasmate le notizie a proprio piacimento e talvolta vengono costruite. I media mainstream decidono sempre la natura di tutto ciò che deve diventare “informazione”, affinché l'operazione possa sortire l'effetto desiderato. Le grandi lobby non monopolizzano solo l'informazione, gestiscono anche l'istruzione scolastica, il mercato pubblicitario, quello editoriale e discografico, il cinema, lo sport, la medicina e qualsiasi altro campo condizioni la “costruzione” dell'individuo. E’ proprio per questo che la rivolta passa – anche – per la diffusione di informazioni che vengono censurate e nascoste.



Ordina le t-shirt a:
controventopg@libero.it