martedì 5 giugno 2012

Il mistero della mostra scomparsa: su Sabra e Chatila “non s'ha da fare”

Scomparsa o, meglio, semplicemente cancellata a meno di dieci giorni dall'inaugurazione. E' saltata così, senza tante spiegazioni, la mostra “Notte molto nera – Sabra e Chatila, una memoria scomoda”, sul massacro del popolo palestinese avvenuto 30 anni fa. La mostra fotografica avrebbe dovuto aprire i battenti mercoledì scorso, 30 maggio, presso i locali della Casa della memoria, ma così non è stato. Il 21 maggio, infatti, è arrivato il veto. La mostra non s'ha da fare.

Il motivo? Ad oggi, la fotografa che ha curato le immagini ancora non è riuscita a capirlo. L'evento era stato approvato un anno e mezzo fa ma la sequenza delle immagini, evidentemente scomoda, ha provocato un mare di polemiche. Nell'occhio del ciclone ci sarebbe infatti il testo introduttivo alla mostra: un'interpretazione storica che ha portato la Casa della memoria a un'improvvisa frenata. E così il comitato avrebbe votato all'unanimità la sospensione della mostra per lasciare il tempo alla curatrice di rivedere la ricostruzione dei fatti: la responsabilità di quella strage, avvenuta il 16-17 settembre del 1982 nei campi profughi di Sabra e Chatila, non deve essere addossata all'esercito israeliano.


Ed è scoppiato il caso. Nelle mani della fotografa, esperta di antropologia visiva, c'è infatti la lettera protocollata dal Campidoglio in cui l'amministrazione accetta il progetto della mostra, così com'è. I contenuti non sono certo cambiati ma, evidentemente, sono cambiate le valutazioni. Il mistero da sbrogliare, infatti, sta tutto nel capire chi abbia fatto pressioni all'ultimo minuto per far saltare l'evento.

“Non ho ancora deciso come e se andrò a modificare il testo – spiega la curatrice della mostra, Laura Cusano – tra l'altro nessuno si è ancora sbilanciato sulla prossima data per l'inaugurazione. Mi ritrovo, mio malgrado, in una vicenda troppo intricata: oggi il testo, che è stato approvato un anno e mezzo fa, non va più bene. Il paradosso? Mi hanno chiesto di cambiare le parole ma, comunque, saranno le immagini a parlare da sole. Il mio intento è quello di trasmettere la pietas umana, il rapporto tra chi non c'è più e chi invece è sopravvissuto. Questa sospensione, quindi, non me la spiego”.

di Aurora Giusti,

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